Ustica sape

Ustica e le sue piaghe naturali


L’amore verso gli animali non è soltanto una manifestazione del rispetto che si deve alla Creazione o, perlomeno, non è soltanto questo. Amare gli animali coincide con l’esigenza dell’uomo di corrispondere sentimentalmente al grande beneficio che si ottiene dal rapporto con essi, dal benessere che si ricava dalla loro vicinanza,  dal loro affetto, dai loro servigi talvolta molto importanti. La premessa mi era indispensabile per testimoniare la mia empatia nei confronti del mondo animale e la mia simpatia nei confronti di quanti abbiano fatto del rispetto di quel mondo un credo ed una fede. La passione e la difesa degli animali non possono, però, essere attitudini fini a se stesse; esse devono essere sottese da una ragione motivata che dia loro forza e comune comprensibilità, devono armonizzarsi con il contesto geografico e territoriale e, quindi, non sostenere situazioni quando di disagio per l’uomo o quando, addirittura, causa di danni gravi per la sua condizione sociale ed economica.

La clamorosa e drammatica situazione dei coltivatori di Ustica, a qualunque prodotto dedichino il proprio lavoro è, nei fatti, la dimostrazione plastica di come una eccessiva protezione di talune specie animali nei confronti dei quali non può, per esercitata opposizione di leggi di origine e ideologia ambientalista, essere ipotizzata non la loro estinzione quanto il controllo scientifico di una loro presenza commisurata alle esigenze dell’economia territoriale.

Lo scorso anno scrissi su Ustica SAPE uno  scherzoso appello a chiunque fosse in grado di liberarmi dei colombacci che fanno diventare la terrazza di casa mia un deposito di fertile ma inverecondo guano: ottenni numerosi consigli intrisi di penosa apprensione sul come potessi allontanarli senza far uso della classica carabina che, peraltro, non possiedo . E’ ovvio che la mia era una provocazione nei confronti di una condizione ambientale di un certo rilievo e di quanti riescono a valutare soltanto il bello di talune presenze animali e non anche le possibili conseguenze negative di quella presenza. Perché è chiaro che se i colombacci nidificano, si riproducono e vivono serenamente sui miei alberi deve essere altrettanto chiaro che ciò non avviene soltanto sui miei ma, soprattutto, che da qualche parte mangiano e, vista la quantità, dove mangiano fanno gravissimi danni.

Ustica ha visto la presenza totalizzante del coniglio selvatico che, seppur in parte decimato nel tempo dalle malattie ma liberato per legge dalla presenza inquietante dei cacciatori, prosegue imperterrito nell’opera di distruzione di orti e giardini costosamente e vanamente protetti da reti e recinzioni. Ustica da qualche anno subisce passivamente la presenza di stormi stanziali di colombacci che hanno ricoperto l’isola e che stanno mettendo al tappeto la produzione di diverse tipologie di prodotti agricoli. Tra essi la nostra piccola lenticchia, prestigioso “presidio slow food”, vanto di ogni produttore e gioia per il gusto di ogni consumatore, con la possibilità che tale legume, vanto indiscusso dell’isola per la sua esclusiva tipicità, finisca per essere una specie vegetale a rischio di estinzione o di imbastardimento con altre qualità.

E’ lecito pensare che un disastro ambientale quale quello denunziato dai produttori di lenticchie o di altro possa essere tollerato senza che venga attivata una forte reazione con buona pace di quanti antepongono la sopravvivenza di un animale al benessere umano? Come ho premesso, ogni battaglia, se giusta, va sostenuta e combattuta ma nei limiti della sua comprensione e accettabilità.

Chiedo allora: ma cosa si aspetta ad avviare un immediato piano di azione nei confronti di ogni specie animale che con la sua presenza nefasta minacci gravemente sul territorio il benessere dei coltivatori e della popolazione. Sarà possibile fare un’altra semina di lenticchie con qualche scorta rimasta ma occorre risolvere il problema alla radice. Non va bene la caccia seppur selettiva? Diamolo per scontato – anche se i buoni cacciatori sono anche buoni ambientalisti – ma esistono validi sistemi di sterilizzazione su ampia scala, esistono le specie antagoniste, esiste tutto quanto si voglia far esistere. Se si vuole! Allora, cosa si aspetta a costituire una forza ben organizzata e coesa tra tutti i produttori dell’isola, lasciando per una volta fuori gioco le differenze, le antiche questioni, le perniciose gelosie, sotto l’indispensabile egida e rappresentanza delle autorità amministrative locali, che vada e impegni  Regione e Prefettura ad un intervento efficace in loro tutela?

Se la situazione è quella denunciata dai Longo, dai Mancuso, dai Palmisano – perché dubitarne? – non è più possibile limitarsi alle sterili dichiarazioni ai giornali. Palmisano ha dichiarato che qualcuno ha provato a chiedere aiuto ma che è stato “un grido inutile”. A chi è stato lanciato questo grido? Perché nessuno in grado di muoversi con  autorità ha reagito? Di chi la responsabilità dell’omissione di soccorso? Occorre muoversi con energia nei confronti delle Autorità governative competenti e con l’urgenza che l’Amministrazione locale è in grado di valutare direttamente e di condividere, intestandosene responsabilità e meriti.

Sembra ormai giunto il momento  che tutti, senza alcuna remora, valutino la necessità di solidarizzare con chi patisce i danni di una situazione già forse fuori controllo e contribuiscano spassionatamente, superando anche comprensibili condizionamenti ideologici, ad una giusta e duratura soluzione di questa piaga. Di questa e delle numerose altre.

Sergio Fisco

 

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