Tornavo ad Ustica dopo molti anni di lontananza e avevo 16 anni, l’età più bella per godere con spensieratezza ogni momento che la vita ti offre ma anche quella in cui, probabilmente, si può essere meno attenti a certi stimoli sentimentali. Eppure – era l’agosto del 1958 – la prima cosa che catturò il mio sguardo dalla prua della nave che si avvicinava alla rada dell’isola fu proprio quella scritta sul costone a sinistra dell’Homo morto. “Ustica vi attendeva”.
Volli leggerla “Ustica TI attendeva” perché sembrava essere stata scritta per me; ai miei occhi parve quasi un rimprovero materno per essere stato lontano per tanto tempo ma anche un abbraccio accogliente perché ero tornato e ne fui molto colpito. Poi negli anni, poco per volta, la scritta non più riproposta subì l’offesa del tempo e sparì nella generale indifferenza.
Sono trascorsi 65 anni da quei momenti e da quelle sensazioni visive e intime.
Nel corso di una lunga esistenza la mia mente ha registrato mille e mille immagini, molte di esse sono sbiadite nel tempo fino a svanire, altre e talvolta quelle che possono apparire di secondaria o di nessuna importanza sono rimaste scolpite nella mia mente. Tra esse quel costone di tufo verniciato di bianco con su scritto quel materno benvenuto della mia isola che il tempo ha ormai nascosto ai miei occhi ma non ha potuto cancellare dal mio cuore.
Sergio Fisco