Erano le 8,15 di quel mattino; una superfortezza volante statunitense, il quadrimotore B-29 “Enola Gay”, sganciava su Hiroshima la prima bomba atomica con effetti che risultarono decisivi per le sorti belliche del Giappone quanto devastanti per quella città ed i suoi abitanti con distruzioni e perdite di vite umane in proporzioni apocalittiche, vittime all’istante e dopo più tempo delle radiazioni nocive che la micidiale arma aveva sprigionato nell’assordante esplosione. “Little boy”, questo il nome quasi accattivante che fu dato a quell’ordigno tremendamente distruttivo frutto di esperimenti iniziati e conclusi qualche anno prima nel deserto del New Mexico in gran segreto; un “bimbo”, lungo tre metri dal peso di cinque tonnellate; un “bimbo” che provocò un’ecatombe; un “bimbo” che non ne fece nascere e crescere tanti altri; un “bimbo” che meglio sarebbe stato se non fosse mai venuto al mondo. Sono trascorsi 70 anni da quando quella colonna di fumo alzatasi lentamente a forma di fungo ha rappresentato e sempre rappresenterà il “logo” di un annientamento di esseri umani e luoghi da non dimenticare.
Per ricordare, il Centro Studi, nella presunzione se non nella certezza di rappresentare il sentimento della intera comunità usticese e dei turisti italiani e stranieri che occasionalmente in questo giorno si trovano in vacanza graditi ospiti della nostra Isola, espone idealmente in piazza l’enorme striscione “USTICA RICORDA HIROSHIMA”; organizza, sempre idealmente, che insieme, mano nella mano, nel segno della pace e del ripudio di tutte le guerre, formino una catena umana intorno all’isola; che alla Rocca della Falconiera un nugolo di bambini al tramonto sulle note del “silenzio” accennata da una tromba liberino tantissimi palloncini colorati con la scritta “PACE” con la speranza, questa in tutti reale, che allontanandosi nel cielo possano raggiungere in ogni parte della terra i luoghi giusti e poi finire nel cuore degli uomini giusti.
a cura di Mario Oddo