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STORIA DI CATIELLO E GERARDO, UN BINOMIO INDISSOLUBILE 


Desidero ricordare l’anziano agricoltore Giuseppe Giardino, alias Catiello, da poco scomparso, riproponendo qui su Usticasape un articolo-intervista che gli ho dedicato quasi dieci anni fa, pubblicandolo su ‘Lettera’ del Centro Studi  (n. 44-45, 2013). Già allora mi colpirono la sua profonda umanità, il suo grande amore per gli animali e per la terra, che ha coltivato con dedizione fino al suo ultimo giorno. Affacciandomi dalla terrazza di casa, ancora mi sembra di vedere la sua figura china sul terreno di Piano dei Cardoni e il suo inseparabile asinello Gerardo.

Franco Foresta Martin

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Se Konrad Lorenz, l’illustre etologo austriaco, premio Nobel 1973 per le sue scoperte sul comportamento degli animali, fosse venuto a Ustica vi assicuro che piuttosto delle oche selvatiche (le sue bestie preferite), avrebbe studiato gli asini.

Sì, perché gli asini di Ustica, i mitici ‘sciccareddi’, offrono una ricchezza espressiva e una varietà di linguaggi da superare qualunque immaginazione. A Ustica gli asini parlano e interpretano correttamente i comandi degli umani: entrare in confidenza con loro è un’avventura intellettuale straordinaria.

Ne sa qualcosa Catiello, anziano agricoltore di Piano dei Cardoni che sembra potere esistere solo in groppa al suo asinello; e se per caso, qualche volta, lo s’incontra ritto sulle sue gambe, appiedato, quasi non lo si riconosce.

Catiello è depositario di un sapere empirico che gli meriterebbe, se non un premio Nobel, un diploma speciale in etologia asinina; competenza che io mi sono premurato di raccogliere affinché sia tramandata e divulgata.

Catiello ha un’innata capacità a dialogare con gli asini, sia interpretando il loro modo di esprimersi, sia usando un particolare linguaggio per comunicare con essi, frutto di una secolare consuetudine locale. A Ustica, infatti, gli asini non sono trattati solo come bestie da trasporto o da soma, ma come utili collaboratori degni di considerazione e rispetto.

Il mio incontro con Catiello non è stato casuale, ma mi è stato suggerito da un lontano e sfumato ricordo, che vale la pena di rievocare.

Quasi quarant’anni fa, la mia passione per le auto d’epoca, m’indusse a portare a Ustica uno spider inglese in voga negli anni ’60: una Austin Healey detta anche ‘smiling frog’ perché aveva il musetto simile a quello di una sorridente ranocchia.Tuttavia, la divertente vettura, dopo qualche anno di onorato servizio, a causa della complessità del motore e soprattutto della difficoltà di trovare i ricambi, cominciò a lasciarmi a piedi nelle situazioni più delicate: la strada del Boschetto, la salita di Passo della Madonna, il budello di via Randaccio …

Un giorno, nel vedermi afflitto davanti al cofano spalancato della “smiling frog”, il mio vicino di casa Vincenzino Verdichizzi mi propose un’alternativa garantita e chiavi in mano: uno dei suoi asinelli.

“Questo, ne puoi stare certo, non ti abbandonerà mai per strada!”, esclamò Vincenzino nel presentarmelo. La generosa offerta comprendeva anche qualche necessaria lezione di guida, dato che non ero mai salito in groppa a un asino. Accettai e in breve diventai pure io, alla men peggio, un cavaliere… d’asini!

Di quella simpatica avventura ricordo distintamente il giro dell’isola e qualche andirivieni dal Porto, per correre incontro agli sbalorditi amici in visita a Ustica. Più vagamente ricordo alcuni dei comandi che dovevo lanciare all’asino affinché seguisse docilmente le mie indicazioni. Comandi che mi apparivano magici ed efficaci, come l’apriti sesamo di Alì Baba.

Proprio questo ricordo smozzicato mi ha indotto a incontrare e intervistare Catiello: chi meglio di lui poteva aiutarmi a ricordare il modo corretto di parlare con gli asini che avevo appreso da Vincenzino? Ed è stata un’idea vincente perché così ho avuto l’opportunità non solo di ripassare il linguaggio degli asini, ma anche di approfondire la conoscenza di uno degli ultimi, genuini agricoltori usticesi.

Catiello, al secolo Giuseppe Giardino, è nato a Ustica il 25 maggio 1941, quando l’Italia era entrata in guerra da un anno e già le cose andavano malissimo, soprattutto sul fronte nord africano. “I miei genitori -racconta- abitavano alla Pennina e i miei primi ricordi appartengono a quella strada. Fra quei ricordi d’infanzia c’è anche il motivo per cui, da Giuseppe che ero, addivintavu Catiello. Ero ancora piccolo, pioveva e faceva freddo. Allora la mamma decise di farmi un paio di pantaloncini lunghi, per ripararmi le gambe. Li indossai e uscii in strada tutto contento. Un amichetto mi vide e gridò: Ma chi cavusi ti mittisti, mi pari tutto Catiello! Questo Catiello era un confinato. Di lui non so proprio niente: forse gli somigliavo un poco. Fatto sta che, da quel momento, sono stato, per tutti, Catiello.

Catiello ha appreso fin da piccolo l’arte di coltivare. Cura il terreno proprio, a Piano dei Cardoni, dove ha una casetta e una stalla; e anche il terreno di qualche altro proprietario. Tra le sue produzioni: lenticchie, pomodori, melanzane, zucchine, angurie … Ma nulla potrebbe produrre Catiello senza l’aiuto del suo inseparabile asinello. «Nella mia vita –racconta- ho avuto tanti asini, quasi sempre intelligenti, servizievoli e affettuosi». E si capisce subito che le buone qualità dei suoi asinelli non sono casuali: sono piuttosto il risultato dell’addestramento e del rapporto speciale che il padrone ha stabilito con essi.

Fra tutti gli asini posseduti da Catiello, l’ultimo è il più straordinario: «Si chiama Gerardo. Non è più giovanissimo, ha 13 o 14 anni. Ricordo che me lo ha dato Angelo Bertucci. È davvero troppo buono, ha sempre lavorato, camminato e mai ha commesso un errore, mai fatto uno sgarbo», dice Catiello lodandone le qualità. Sgarbo? Che tipo di sgarbo può fare un asino? Gli domando incuriosito. «Ci sono asini che si rifiutano di fare una cosa: magari una volta ti tirano un calcio, un’altra ti danno un muzzicuni. Gerardo, invece, è sempre corretto e affettuoso. Certe volte sta nel campo a mangiare l’erba, lontano da me. Allora lo chiamo: Gerardo, veni cca! Lui si avvicina, abbassa la testa: si capisce che la vuole grattata. E dopo che gliela gratto, me l’appoggia sulla spalla in segno di gratitudine».

Gerardo ha una capacità di trasporto del materiale notevole: «Riesce a portare due ceste, una per lato, piene di frutta e ortaggi del peso di 80-100 kg ciascuna». Tira l’aratro “in una maniera spettacolare” assicura il padrone. Si alimenta con prodotti che andrebbero buttati via, come erbacce, bucce di frutta (va ghiotto per quelle di anguria e di melone), frutti e ortaggi andati a male. Unico problema in un’isola come Ustica: «Beve troppo, soprattutto d’estate, da 15 a 20 litri di acqua al giorno. Ci vogliono sempre dei cati pieni d’acqua per dissetarlo».

La simbiosi fra Catiello e Gerardo è perfetta. «Tempo fa io ho avuto qualche problema al ginocchio e ho cominciato a zoppicare. Manco a farlo apposta, anche Gerardo ha avuto la stessa malattia e ora zuppichìa pure lui!», racconta Catiello. «Stando attento al suo comportamento, io capisco subito in che condizioni si trova, se e quanto può lavorare, visto che ormai ha una certa età e non posso pretendere che renda come quando era picciotto», spiega Catiello, dimostrando di applicare con saggezza la sua etologia spicciola.

«Se la notte dorme in piedi, allora vuol dire che sta bene. Se si curca, allora non è in forma. Se si curca e si lamenta, vuol dire che gli fa male la gamba. Se raglia continuamente, ha fame. Se raglia con affanno, come uno con l’asma, allora vuol dire che è assetato. Prestando attenzione a tutte queste cose, l’asino campa a lungo, sta bene e fa un ottimo lavoro”.

 E se una di queste bestie straordinarie avesse un malanno e dovesse essere curato -chiedo- qui a Ustica c’è un veterinario? «Purtroppo no -si rammarica Catiello-. Ma c’è Carrubba che, all’occorrenza, può dare una mano». Carrubba il macellaio? Non sapevo che avesse anche queste competenze, osservo. «Si, soprattutto se ne intende di asine incinte», risponde Catiello.

Gerardo, come e meglio degli altri asini usticesi, interpreta alla perfezione i comandi di marcia impartiti dal padrone. Ed è a questo punto della conversazione che Catiello mi concede un ripasso di quel che io avevo appreso, da giovane, dal compianto Vincenzino.

«Si sale in groppa allo scecco e per partire si grida un deciso: Ahaa! E quello comincia a marciare. Subito dopo si rinforza il comando con un tocco di talloni sui fianchi: Ahaa, Ahaa!»

Ora ricordo bene, Vincenzino mi disse che, così facendo, è come ingranare la prima e subito dopo la seconda.

«Mah, può essere», risponde Catiello che s’intende più di trazione animale che di motori.

«Poi, facciamo finta che si deve girare a destra. Allora si comanda: Fora e cca! E si dà allo scecco un tocco sul fianco destro col piede. Se invece la svolta è a sinistra, il comando è lo stesso, Fora e cca! ma il tocco si dà sul fianco sinistro».

Ora immaginiamo di essere su un rettilineo: non c’è nessuno per strada e abbiamo fretta. Sull’automobile avremmo premuto l’acceleratore. «Agli asinelli usticesi -prosegue Catiello- basta intimare: Carraccia a te! Carraccia a te ! E quelli accelerano come una Ferrari».

Per completare gli elementi essenziali di scuola guida asinina, bisogna considerare il caso della frenata durante la marcia, per la quale -insegna Catiello- ci vuole un Prrrr più o meno deciso e prolungato, a seconda delle necessità.

Il ripasso è finito. Ma la lezione non potrebbe essere completa senza fare la conoscenza diretta di Gerardo. Saliamo lungo la lenza di terreno che conduce alla stalla, Catiello tira fuori il suo sceccarello, ce lo presenta e posa con orgoglio accanto a lui per una foto ricordo. L’animale è docile, pulito e, nonostante l’età, ha un aspetto giovanile.

Mentre scatto qualche foto col mio ipad, sul terreno cosparso di fieno noto un foglio di carta intriso d’olio e di salsa di pomodoro che svolazza: è quel che resta di uno spuntino a base di pizza usticese, mollato per strada da qualche pasticcione. Lo sposto istintivamente col piede, per allontanarlo dal campo dell’immagine. Gerardo mi fissa incuriosito, poi avanza verso di me, si china e comincia a masticare con gusto la cartaccia. «Ci piaci ‘a carta nzuppata cu l’ogghiu», lo giustifica Catiello.

Io penso che, oltre a tutte le qualità decantate dal suo padrone, Gerardo abbia così dato prova di possedere un’innata la cultura ecologica e del riciclo. Dobbiamo presentarlo al più presto all’assessore alla Raccolta Differenziata!

FRANCO FORESTA MARTIN

 

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