Spett.le Ustica SAPE
c.a. Pietro Bertucci
E’ di questi giorni l’ennesima polemica tra chi vorrebbe dare legislativamente maggiori spazi di iniziativa alle forze dell’ordine, sollevandole da responsabilità in caso di eventi negativi e, talvolta, funesti, nell’eventualità di un uso a volta eccessivo del potere repressivo e chi, all’opposto, sostiene che la materia sia sufficientemente regolamentata e ritiene che aumentando le dotazioni di personale ed approfondendo l’addestramento si possa ottenere il risultato di migliorare il controllo dell’ordine pubblico senza comprimere o addirittura mettere a rischio le libertà individuali ed i diritti della persona.
Che c’entra Ustica, mi direte, con queste problematiche nazionali, di ordine generale?
Beh, in questi giorni non ho fatto altro che pensare a come venne fuori la notizia della tragedia del 9 agosto 2012, quando due ragazzini di Ustica perirono tragicamente annegando al porto (lo vogliamo chiamare porto?!?) di Cala Santa Maria, tentando di mettere in moto un’auto parcheggiata in divieto di sosta da 4/5 giorni, con le portiere aperte e la chiave d’accensione inserita sull’aletta parasole, da un vigile urbano in servizio per conto del titolare di un’autoscuola, cioè da soggetti che più di ogni altro erano titolati a conoscere ed applicare le norme del codice della strada dettate, peraltro, a tutela dell’incolumità delle persone.
All’indomani, sia l’allora comandante dei Carabinieri sia il delegato di spiaggia, a scanso di conflitti di competenza, redassero congiuntamente un verbale di infrazione ed applicarono una multa al proprietario dell’auto.
La notizia, anche su questa testata, venne fuori così:” una bravata si trasforma in tragedia”.
Ecco, adesso io non posso fare a meno di pensare che una “bravata” od anche un reato, come non fermarsi all’alt di forze dell’ordine, magari perchè si fugge dopo aver commesso un reato od avendo addosso della refurtiva ( circostanze da accertare nel caso della morte di Ramy Elgani, morto a Milano a 19 anni schiacciato tra una gazzella dei carabinieri ed un palo mentre sedeva dietro al conducente impegnato in una fuga a 150 Kmh contromano nelle vie di Milano) possano legittimare la trasformazione di un fatto di reato in una potenziale condanna a morte mediante esecuzione sommaria da parte di tutori dell’ordine che si vorrebbe legittimare ad essere sottratti – automaticamente e preventivamente- ad ogni controllo di legalità da parte della magistratura, con un ipotetico “scudo” delle conseguenze, certamente non volute ma comunque prodottesi e che andavano valutate prima di proseguire nell’azione pericolosissima conclusasi in tragedia..
Cosa si sarebbe pensato,detto e scritto se nel corso dell’inseguimento a folle velocità fosse finita in mezzo una carrozzina con un neonato od un passeggino ed una mamma, assolutamente ignari che la loro vita sarebbe finita quel giorno perchè bisognava assicurare alla giustizia due balordi che scappavano per evitare un controllo di polizia? e. attenzione, ancora neanche sappiamo perchè i due ragazzi inseguiti stessero scappando ma diamo per scontato che avessero commesso un reato, che il conducente non avesse la patente o la moto fosse rubata od anche peggio : tutto ciò comporta la necessità di mettere a rischio delle vite? Si badi bene, quelle degli inseguiti, quelle dei passanti ed anche quelle degli inseguitori? Qual’è il bene primario da tutelare ? Attenzione, non entro neanche nel merito sul contenuto delle frasi registrate dalla telecamera a bordo della gazzella e sui video, ufficiali e non, dell’inseguimento né sulle dichiarazioni del “supertestimone”: sono tutti elementi che dovrà valutare un magistrato e che conosciamo solo parzialmente; mi chiedo soltanto, da uomo della strada, cos’è più da tutelare, una vita umana, anche di un reo ( le nostre leggi non prevedono la pena di morte se non in tempo di guerra e dopo un processo con tutte le garanzie per la difesa) o l’accertamento e la – possibile- punizione di uno scippatore, di un ladro di moto, di uno spacciatore?
Ed in tutto questo, qual’è il fatto più grave, una “bravata” od un omicidio che si vorrebbe etichettare come “danno collaterale”, conseguenza principale della bravata? Nella sentenza per i fatti di Ustica, in quella di I grado che ha ricostruito gli accadimenti con una istruttoria dibattimentale lunga ed approfondita, è tutta la collettività di Ustica che è richiamata alle proprie responsabilità per non aver fatto nulla, se non attraverso le proteste- isolate- di due consiglieri comunali e le iniziative- inascoltate- del delegato di spiaggia, che era arrivato addirittura a minacciare di bloccare gli approdi se non si metteva in sicurezza Cala Santa Maria.
A Milano, una “bravata” ( se volete, un reato minore) si è trasformato in un omicidio ed in un rischio per l’incolumità di decine e decine di persone che si sono trovate sul percorso dell’inseguimento.
Io penso che uno Stato come il nostro, che ha vissuto tantissime tragedie da cui ha saputo, con fatica e col sacrificio dei suoi uomini migliori, rialzarsi, non può permettersi scorciatorie e l’unico “scudo” ammissibile è quello sulle magliette di quei calciatori le cui squadre di appartenenza hanno vinto almeno dieci campionati di serie A.
Palermo, lì, 18 gennaio 2025
Francesco Menallo