Ustica sape

L’ISOLANO E IL FORTE AMORE PER LA TERRA NATIA


  Lettera aperta a chiunque voglia leggerla 

           Ho molto apprezzato le parole che Pietro Bertucci ha rivolto al Sindaco di Ustica ed a quanti, come lui, hanno il difficile compito di relazionarsi quotidianamente con i problemi della propria comunità, termine che racchiude in sé un patrimonio di valori inscindibili, valori pratici ma sottesi da profondo significato etico che dovrebbero sempre essere posti a denominatore comune di ogni azione che ne condizioni le regole di vita.

Mi associo a quelle parole significativamente dense di amore per la terra natia; non vi è facile retorica in esse, non vi si coglie arida recriminazione; esse riportano la cocente delusione di chi, essendo dovuto andar via, è come se avesse perduto l’appartenenza a quella comunità, è un “non residente” pur essendo un “nativo”, un frammento di quello “scoglio” cui si è aggrappato da piccolo, cui, prima di lui, si sono aggrappati i genitori ed i nonni e cui con tutto il suo cuore continua a restare aggrappato. Vi è la delusione di veder misconosciuto il radicamento carnale con la terra da cui ci si è dovuti allontanare perché la vita lo ha imposto e dove si torna con la gioia di sempre.

Mi associo perché provo sulla mia pelle questa amara sensazione di distacco da una realtà cui appartengo con la mia famiglia da tempo immemorabile.

Intendo, però, cogliere l’occasione di questo breve commento alle parole di Pietro per riproporre sommessamente ma con convinzione al Sindaco Militello, ai Sindaci delle altre isole ed a chi stia definendo la vicenda trasporti l’invito a considerare altrettanto meritevole di attenzione uniformare allo status di residenti quanti a Ustica o sulle altre isole minori abbiano costruito una casa o ne siano divenuti proprietari per eredità familiare e che, purtroppo, oggi vedono valutato il proprio rapporto con la comunità di cui sopra alla stregua di normali turisti più o meno mordi e fuggi.

Perché non considerare tali persone parte integrante del tessuto sociale ed economico stabile quanto irrinunciabile di quelle comunità? Perché distinguere le case dei cittadini residenti da quelle dei non residenti? Perché non considerare che quelle case oltre che valore per le amministrazioni locali sono parte della vita di ciascun proprietario su quelle isole? Perché ignorare che quelle persone ed i loro familiari hanno il piacere ma anche l’oneroso dovere di proteggerle, di curarne l’esistenza, di farle sopravvivere in quanto pezzi anch’esse del loro famoso “scoglio”?.

Credo non possa sfuggire ad alcuno, sia esso amministratore locale o regionale, che queste considerazioni debbano avere un peso nella applicazione poco gradevole ma politicamente comprensibile del concetto di “pendolarismo” alle diverse categorie di potenziali fruitori di esso e che sull’altare di modeste economie sul bilancio regionale non si possano commettere ingiustificabili ingiustizie più morali che economiche.

E per queste ragioni che le affido alla sensibilità umana e politica ma anche alla “intelligenza” di chi ha la responsabilità e la capacità di comprenderle.

Sergio Fisco

 

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