Il nostro fratello ed amico Massimo Daniotti Longo ha concluso il suo silenzioso cammino su questa terra. Con lo stesso silenzio, appena in punta di piedi e senza dare disturbo, d’un colpo, è entrato nel più grande silenzio della morte, mistero eccedente e silenzioso che tutti ci attende. Tutta qui la sua vita, raccolta e annodata in quarantasei anni di silenzio? Tutta qui una vita, la vita? A noi abituati a pensarla e a pensarci su ben altri registri ci disorienta e ci inquieta non poco. Nel nostro immaginario la vita vale per la sua durata, perché piena di avventure e di rumore e non tanto per la qualità e l’intensità che possono trasfigurare i giorni e tutto. Il suo tempo è stato breve, la sua malattia pesante, il suo silenzio lungo e impenetrabile.
Chi di noi si ricorda che le esperienze, potrebbero avere tutt’altro significato e le valutazioni essere ribaltate? Chi pensa che nell’orizzonte di Dio un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo? Chi riflette che ciò che viviamo dentro, in profondità, soprattutto con l’anima e con l’amore, può trasformare tutto della vita? Può trasfigurare tutta la vita e la vita di tutti e pure la morte? C’è una sapienza, misteriosa, nascosta, sorprendente e divina che può dare sapore al gusto insipido del dolore e della malattia, della brevità dei giorni e dei sogni negati, dei fallimenti vissuti e della speranza infranta. C’è solo la Pasqua di Cristo capace di riscattare ogni vita, di mettere mano a tutti i fallimenti, di aggiungere futuro e vita ad ogni presente, al dolore e alla stessa morte. Perché quella Pasqua e quella esperienza non escludono la morte, non la ignorano, non ne fanno un tabù, non le girano le spalle, l’aspettano al varco per subirne e patirne l’assalto. Ma per ricordare, prima di tutto noi, e per ricordarle che non le appartiene l’ultima parola e la vittoria definitiva. Per ricordarci e ricordarle che quel potere le è stato strappato per tutti e per sempre. Perché la nostra fede non si basa su un Dio che è sceso dalla croce, neppure quando glielo abbiamo chiesto, ma che vi è salito liberamente e vi è rimasto solo per amore e per amarci. Per insegnarci che l’amore è più forte di tutto e nella pazienza silenziosa e fiduciosa aspetta quell’ultimo riscatto che metterà la parola fine e mostrerà il fine bello al quale, ogni cosa, anche suo malgrado, avrà contribuito a realizzare.
Riuscire a trasformare un dato neutro, o addirittura negativo, in un dono luminoso e fàtico è un’impresa che non riesce a tutti e che neppure tutti perseguono. Ma la mamma di massimo ci ha provato con tutta se stessa e tutt’intero il suo cuore e il suo amore. Assicurandogli l’eloquenza di un amare che, in assenza di parole, è stato più selettivo, più tenace e più efficace. Che ha accettato la malattia, la sofferenza è ora la stessa morte non come una sconfitta senza appello, ma come una sfida che il suo cuore e il suo amore di madre credono di non aver perso e di non poter perdere per quello che hanno vissuto e che continueranno a vivere. Perché la morte può azzerare le parole e tanto altro, ma non l’amore e le sue infinite possibilità. Quel dono e quell’amore, come sempre hanno fatto e fanno, continueranno a dialogare e a comunicare attraverso e oltre il silenzio.
Massimo, non ti possiamo dire: poveretto! E neppure possiamo dire poveretta a tua madre. Ti faremmo, vi faremmo un torto per tutto quello che ci avete donato e insegnato. Ci avete dato veramente tanto. E’ poca cosa averci costretto a pensare l’amore e il dialogo oltre le parole? Il senso e la speranza dentro e al di là della malattia e della morte? E’ poca cosa dover pensare “la via del silenzio” come via della lode a Dio e della gloria dell’uomo, quando a farla diventare bella non è la sola guarigione ma solamente l’amore che a nessuno e per nessun motivo ci può essere negato o impedito? Dov’è o morte la tua vittoria? Dov’è il tuo pungiglione? Se sei stata vinta dalla croce, e dall’amore e il tuo pungiglione è stato spuntato in terra e soprattutto in cielo, verso il quale tutti siamo avviati!
Grazie Massimo perché continui a parlarci ancora, ora più di prima. Grazie anche alla tua mamma che ora, con la tua morte, crede di poterti amare come prima e per sempre. Sempre più convintamente e intensamente senza fine. Come tutti dobbiamo fare o imparare. Ma subito senza più rimandi.
Frate Calogero Peri Vescovo di Caltagirone.
Aldo Cannella, Delfina Natale e tutta la famiglia di Adalgisa Longo ringraziano padre Calogero per questa profonda riflessione e per l’affettuoso pensiero rivolto a Massimo.
Una risposta
Condivido pienamente il messaggio della lettera di frate Calogero Peri.Un giorno tutti di incontreremo nel silenzio dell’eternità di Dio. Un abbraccio ai familiari di Massimo da Giovannella Picone e famiglia.