In soccorso delle Isole Minori è stata approvata una modifica dell’Art. 119 della Costituzione Italiana


Si è fatto un gran parlare sull’aumento delle tariffe applicate qualche tempo fa ai trasporti marittimi da e per le isole minori della Sicilia e, di conseguenza, da Ustica per la terraferma e viceversa; si sono costituiti “gruppi di agitazione”, se ne sono interessati insigni studi legali, tutti disponibili ad incatenarsi davanti alle sedi delle Società armatrici. In effetti, aumentare le tariffe a fronte di un servizio di cui gli utenti si lamentano con quasi quotidiana frequenza è stato un ulteriore esempio di gestione smaccatamente privatistica nell’esercizio di un servizio pubblico e sovvenzionato.

Meraviglia, però, come poi sia passato sotto assordante silenzio la modifica dell’Art. 119 della Costituzione Italiana, quello che regola la vita amministrativa, sociale ed economica delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni avvenuta con la legge di riforma costituzionale n. 2 del 7 novembre 2022, votata al Senato il 27 aprile 2022, alla Camera dei Deputati il successivo 20 luglio e che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica N. 267 del 15 novembre 2022.

Essa conteneva un solo articolo:

“La Repubblica riconosce la peculiarità delle isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”.

Una modifica apparentemente non sostanziale, lapidaria, nello stile asciutto ma cogente tipico della nostra Costituzione che, però, fornisce garanzie fondamentali per la tutela di diritti fondamentali per la vita sociale nelle isole. La riconferma del diritto all’uguaglianza tra i cittadini ed alla continuità territoriale, il tutto inteso in una accezione ampia che prevede, tra le altre condizioni irrinunciabili la disponibilità di collegamenti marittimi quale condizione imprescindibile per fruire della libertà di movimento e di circolazione prevista e garantita dall’Art. 16 della stessa Costituzione.

Ebbene questa legge, come tutte le leggi, impone la sua rigida osservanza. pena l’andarle contro. Ebbene, perché Ustica deve soffrire più di altre isole una condizione diversa e peggiore di altre realtà isolane?

Perché Ustica deve vivere lunghi periodi dell’anno in grave disagio con l’incubo del mare appena un po’ mosso o, comunque, a detta degli esperti, navigabile?

Tentiamo di azzardare una risposta a queste domande.

Esclusa, d’ufficio, l’imperizia dei comandanti di navi ed aliscafi, rimane da considerare la prudenza un pochino “pelosa” delle Società di navigazione che, evidentemente sono conscie delle condizioni strutturali dei mezzi antiquati e lontani dai più recenti requisiti previsti dalla tecnica costruttiva che vengono utilizzati sulla tratta che ci occupa. Ciò, evidentemente le induce a ritenere preferibile evitare loro traversate di 36 miglia nautiche che altri mezzi più moderni, meglio attrezzati e adeguati all’ampiezza della tratta da percorrere affronterebbero con sufficiente disinvoltura ed a far stare fermi nel porto di Palermo questi mezzi ogni volta che le condizioni meteomarine potessero mettere a repentaglio l’ incolumità di passeggeri e merci.

Questa considerazione ovviamente si basa su ipotesi e sarebbe di certo confutata dalle parti chiamate in causa perché ritenuta lontana dalla verità; ma allora potrebbero essercene delle altre più o meno tecniche o più o meno commerciali o più o meno confessabili ma quale fosse la verità sulle cause del disservizio rimane una solo dato certo ed una sola verità: il disservizio nei trasporti da e per Ustica.

Cosa attende, allora, la popolazione a pretendere che anch’essa possa fruire delle peculiarità previste dalla citata legge di riforma costituzionale?

Cosa attende, allora, l’Amministrazione comunale di Ustica a rappresentare quella popolazione andando a battere i pugni su qualsiasi tavolo usando questa legge per ottenere una buona volta dei trasporti marittimi normali e sicuri, trasporti cui sono connessi diritti fondamentali dei suoi cittadini: il diritto alla libertà di movimento, alla sanità, allo studio, al commercio, alle professioni, al turismo ma anche ai funerali e chi più ne ha, più ne metta?

So bene quanto poco peso abbia una voce che grida nel deserto di evangelica memoria e che dare anima ad una sacrosanta protesta di popolo per il riconoscimento di un diritto avrebbe bisogno di ben altre parole e di ben altre figure ma penso e spero sempre che prima o poi gli Usticesi di oggi, che sono vittime di tutto ciò, ricordino con orgoglio ciò che hanno saputo fare i loro padri, gli usticesi di ieri, quelli che con spirito di pace ma con ferma determinazione e con alla testa le Istituzioni reclamavano il rispetto del proprio stato e l’uguaglianza con gli altri cittadini italiani.

Sergio Fisco
www.usticasape.it

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