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ERA DI MAGGIO … C’ERA UNA VOLTA


La storia è vecchia di mille anni o forse anche di duemila anni, eppure si ripete uguale in un’altra tiepida notte di fine maggio, quando migliaia di tonni innamorati sfrecciano nelle acque di Sicilia dove li attendono le trappole della morte.

Ma oggi, non è più cosi perché le tonnare di Sicilia hanno smesso di pescare. Ormai appartengono alla Storia!

Abbiamo, noi della Redazione di Ustica Sape, chiesto a Mimmo Drago, Cittadino Onorario di Ustica, di raccontarci con immagini e parole questa particolare pagina di mare e lo abbiamo chiesto proprio a lui in quanto autore di un magnifico libro fotografico dal titolo Tonnare, scritto in due lingue e presentato da Folco Quilici ed inoltre è autore di una Mostra  fotografica che riporta lo stesso titolo di questo articolo ed ancora della Multivisione su schermo panoramico, premiata a Parigi ed in Inghilterra, titolata La Storia di Caterina e del Diaporama Ode al Tonno.

Ci ha così sintetizzato alcuni preziosi momenti storici che riportiamo:

Correva l’anno 1757 e il palermitano Francesco Maria Emanuele Marchese di Villabianca scriveva nel suo libretto Le Tonnare di Sicilia del XVIII Secolo, come veniva praticata la pesca al tonno:  “Io di fatto la vidi a 26 Maggio 1757 con due minori mie figlie monacande in compagnia della Principessa vedova di Villafranca Anna Maria Agliata e di Giovanni che le onorava di matrona alla tonnara di Mondello”…

“Di Maggio, nella tiepida stagione, un recinto di canape ritorte forma a’ tonni mal cauti aspra prigione di cui tentano invano aprir le porte. Innumere intanto son le persone a mirar di quei la fatal sorte fra i quali io meschin dandomi ragione d’altri sintomi prossimi alla morte”.

Ma questa pesca era stata già descritta da Eliano in De animal e da Andrea Carino in De venat, che scriveva: “Haec antiquorum piscarie a nostris ut pluriuso venationibus distat enim vero in Sicilia leviori eura capiuntur”.

Ma furono tanti gli storici che nel corse dei secoli hanno narrato i sistemi adoperati per la pesca del tonno, che qui non posso narrare e ne cito soltanto qualcuno.

Correva il VI Secolo a,C. ed Eschilo scriveva: “Il mare scomparve sotto un ammasso di corpi insanguinati. I greci colpirono i Persiani come dei tonni presi nelle trappole delle reti”.

Correva l’anno 1957 e Pablo Neruda, che era un Poeta amante del mare e dei suoi abitatori, nel suo Tercer Libro de Las Odas elogiava il tonno nella poesia Ode ad un grosso tonno sul mercato:

“ Sul mercato verde, muscolo dell’oceano profondo,
proiettile che nuota,
io ti ho visto morto, defunto Re.

Intorno a te, tutto era verdura, schiuma della terra,
carote, frutti, ma della realtà marina, dell’ignoto,
della incommensurabile oscurità, dell’acqua profonda dell’abisso,
tu solo sopravvivevi, catramato, verniciato,
testimone della notte profonda.

Tu solo, sfera scura dell’abisso,
energica, distrutta soltanto in un punto, che sempre rinasce,
ancorata nella corrente con le pinne alate,
circolante nella velocità, nel viale dell’ombra marina,
come una  freccia triste, dardo del mare, oliva intrepida.

Io ti ho viso morto, defunto Re del mio oceano, slancio verde,
abete sommerso, nucleo del maremoto, là, spoglia morta sul mercato

….

 Tu eri ancora l’imbarcazione del vento,
l’unica e pura macchina del mare:
intatto navigante nelle acque della morte”.

Volli a questo punto, vedere di più, volli capire, volli approfondire con occhi e sentimenti ciò che avevo letto e mi lanciai così in questa nuova avventura di Mare.

Correva l’anno 1988  e per dieci anni frequentai le Tonnare di Sicilia, i suoi uomini ed i suoi tonni visitando le numerose tonnare sia quelle poche in attività, che quelle trasformate con altre finalità, che quelle ormai abbandonate.

Girai l’intera Sicilia e le numerose provincie fino a dove era ancora rimasta l’ultima pietra che ricordasse un forte odore di ricordi, mi spostai da Ovest ad Est , da Nord a Sud.

Sballottato dalle onde, distrussi due Nikon F2, le Nikonos III con due 15mm, resistettero agli assalti prolungati, in acqua però, mi fu sempre “ordinato” di non adoperare i flash, mi dissero i vari Rais: “Prufissuri, a luci no, picchì scanta li pisci”!(I flash non deve adoperarli, perché i tonni si spaventano) (sottinteso e potrebbero fuggire facendo forza sulle reti da posta).

Riporto il brano Dentro le Reti, narrazione umana, sensazioni, rapporti con i tonnaroti ancor prima che con i tonni, estratto dal mio volume Tonnare edito da L’Epos.

“Dieci anni con un equipaggio di tonnaroti ed il loro Rais, durante tante campagne di pesca al tonno, per carpirne i segreti, per conquistare la loro fiducia.

Sono stato considerato a lungo, da tutti quegli uomini, un estraneo, ma con umiltà, a volte con riverenza e con un po’ di buon senso, poco alla volta mi sono guadagnato un posto prezioso in una di quelle barche nere di pece che all’alba, tutti i giorni per tre mesi l’anno, si dirigevano mute sul luogo dove le grandi reti erano calate, e, trappole mortali, sprofondavano nel blu.

Restavo in un angolo della poppa, dove mi indicavano a gesti e con gentilezza di sedermi. Silenzioso osservavo.

Durante il lungo percorso per raggiungere il luogo di pesca, fui sempre invitato a prendere parte al loro veloce cibo, ma solo poche volte inzuppai il pane rustico ed ancora tiepido del mattino nelle loro succose e colorate insalate; ma il vino a quell’ora, confesso non lo bevvi mai.

Fui scrutato, osservato, giudicato, sentenziato quotidianamente, da mille occhi, da mille giudici sospettosi, ed infine fui invitato, senza che lo avessi chiesto, ad imbarcarmi sulla muciara (lancia) del Rais, per fotografare più da vicino ed in condizioni migliori tutte le fasi della pesca.

Solo chi ha vissuto “intimamente” le tonnare può comprendere cosa può significare per un intruso come me, essere condotto sulla barca del Rais, e non soltanto chi è addentro a certe credenze e superstizioni popolari, che negano qualsiasi presenza estranea sulla muciara, resterebbe orgoglioso e lusingato di tale invito.

M’immersi nel blu dei castelli di rete, l’acqua era torbida e fredda a quell’ora del mattino ed un muro di reti sprofondava dalla superficie fino a circa 60 metri di profondità.

Le reti si gonfiano ritmicamente sotto la spinta delle correnti ed io mi sentivo piccolo tra le cattedrali di reti, mi stringevo così al petto la macchina fotografica, che mi dava l’illusione di un po’ di calore.

Nel blu ed in lontananza un centinaio di tonni da 200/300 Kg. cadauno, mi vennero incontro rapidamente, poi mi evitarono con assoluta precisione, scivolandomi accanto. Mi passarono oltre e si allontanarono per poi tornare ancora, in massa, verso di me.

Poi la mia permanenza giunse al termine e mi fu ordinato di riemergere. Tra canti ed urla i pescatori stavano recuperando freneticamente le reti del fondo che già si intravedevano minacciose sotto le mie pinne.

Due grosse mani mi presero con forza, mi sollevarono dalla superficie dell’acqua e mi adagiarono delicatamente sul pagliolo della muciara.

I tonni correvano ormai impazziti sulla superficie dell’acqua sollevando colonne di spruzzi.

La mattanza stava per iniziare”.

Correva l’anno 1998  e frequentando tonnare e tonnaroti conobbi il prof. Raimondo Sarà, il più grande studioso di tonni del bacino del Mediterraneo. Entrammo in amicizia e mi donò il suo ultimo libro, presentato dal Prof. Francois Doumenge, Direttore del Museo Oceanografico di Monaco e Segretario generale della Commissione Internazionale per l’Esplorazione Scientifica del Mediterraneo, che considero un Poesia eterna dedicata al mondo del tonno Dal mito all’Aliscafo – Storie di tonni e di tonnare – Migrazioni e biologia, leggende, tradizioni e socialità, di cui riporto questo doloroso e romantico frammento finale:    “ … sono stanco ormai, torna però nella mia mente ciò che sussurrava Rais Peppino Borruso, quando negli ultimi anni vedeva passare di sopravvento della tonnara di Magazzinazzi, bassi, radendo la superficie del mare, gruppi veloci di berte maggiori: – le vedi? Prima volavano vicino terra, a poche braccia d’acqua, ed i tonni che hanno di sotto sarebbero sicuramente risaliti in tonnara, incontrando il pedale; ora si mantengono sempre più al largo, sempre più lontano: chissà quanti tonni nuotano sotto di esse: li abbiamo perduti e non li vedremo più!”

Correva l’anno 1999 e diedi finalmente alle stampe il libro Tonnare, poi seguirono le altre realizzazioni citate in precedenza.

E’ scomparsa un’ antica tradizione di pesca in mare, oggi sono rimasti soltanto i ricordi!

 

 

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