Ustica sape

Io penso che nel trattare la questione non si può prescindere da un dato oggettivo e cioè la duplice responsabilità che incombe sul comandante del battello: da un lato nei confronti dei passeggeri ai quali deve essere assicurata l’incolumità e forse anche una traversata quanto più tranquilla possibile; dall’altro lato nei riguardi dell’armatore che pretende sia la restituzione integra del battello, sia di non dover rispondere per responsabilità oggettiva di eventuali danni a persone e cose. Mi sembra quindi scontato che una siffatta somma di responsabilità sia bilanciata da una ampia discrezionalità del comandante circa all’operatività del battello. Discrezionalità che, probabilmente, neanche in sede giudiziale sarebbe facile demolire (fatti salvi, ovviamente, eventuali comportamenti di lapalissiana omissione di servizio). D’altra parte, non sappiamo neanche se e quali direttive sono imposte dall’armatore.

Che si fa, allora? Ebbene io penso pure che l’utenza e ancor più l’affidante del servizio del servizio abbiano diritto ad una informazione piena e completa circa ai motivi che hanno indotto il comandante a modificare il programma per cause meteomarine. E siccome sono convinto che il comandante di turno non prende la sua decisione sulla base del dito umettato esposto al vento, si può e si deve pretendere che nel diario di bordo (o in qualunque altro contesto formale; non sono esperto di burocrazia della navigazione) venga annotata e resa pubblica con dovizia di particolari la ragione della decisione, dovizia che certamente non può esaurirsi con la scarna espressione di “condizioni meteomarine avverse”.  Sarebbe infatti doveroso che il comandante esponesse l’iter logico del suo ragionamento, spiegando quando e perché si sarebbe trovato in difficoltà e sulla base di quali previsioni egli abbia formulato l’ipotesi (“oggi a quest’ora sono qui con queste condizioni che nell’arco delle prossime due ore evolveranno in quest’altra maniera sicché durante la traversata potrei incrociare onde di questa altezza provenienti da est, ovest, nord, sud, con conseguente difficoltà di governo del battello, etc.”).

Questa irrinunciabile chiarezza non farebbe venire meno la discrezionalità del comandante ma renderebbe le sue decisioni più fondatamente criticabili ove se ne ravvisassero i presupposti. E contribuirebbe, semmai ne è ricorsa l’occasione ma non voglio crederlo, ad adottare decisioni più ponderate.

Pensare che l’armatore sia disponibile a rendere così complesso ma nel contempo chiaro ed esaustivo il comportamento dei suoi comandanti mi pare una utopia. In alternativa, corretta e proficua mi pare l’azione intrapresa dai cittadini di Filicudi che hanno adito l’autorità giudiziaria non per colpevolizzare ma per cercare ragioni e spiegazioni di un comportamento che ritengono lesivo dei loro interessi. E chiederei proprio all’autorità giudiziaria, ancorché non ravvisi ipotesi di reato, di obbligare l’armatore ad un comportamento più esaustivo.

Perché ad Ustica non si assume una iniziativa simile?  Non se ne dispiacciano gli amici usticesi ma mi pare che sull’isola si ricorre spesso al motto armiamoci e partite. Si pretende, ad esempio, che una iniziativa di tal genere debba essere condotta dal Sindaco in prima persona. Ma egli non lo fa e secondo me fa bene a non farlo perché per la sua carica deve porsi in maniera equidistante rispetto ai problemi ed ai protagonisti. Egli deve sempre avere la possibilità, proprio attraverso l’autorevolezza della carica data dalla sciarpa tricolore, di mediare ed eventualmente di riparare. Magari con un po’ più di partecipazione e con meno di quella sufficienza del tipo “noi abbiamo visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”.

Vittorio Ricevuti