Si, la “chiacchierata” con Sergio Fisco è lungamente articolata ma, a mio e spero vostro giudizio, talmente piacevole e scorrevole che ho preferito proporla senza tagli, sicuro che, agli occhi di lettori e lettrici di <Usticasape> che dei ricorrenti richiami “del tempo usticese che fu” sono stati per anagrafe testimoni oculari ed auricolari, sarà interezza gradita. Mettetevi comodi …
Sergio, la tua prima volta a Ustica è un “primo amore” che col passare degli anni non hai scordato mai?
“Confesso che mi è difficile rispondere compiutamente a questa domanda perché è come identificare una “prima volta” nel rapporto di amore fraterno con una sorella con la quale hai sempre convissuto nel corso della vita, che ha fatto parte anche da lontano della tua esistenza senza avere, quindi, un inizio ben definito da ricordare in modo particolare ma tanti episodi che ne hanno caratterizzato la presenza al tuo fianco. Ustica, per me, è come un amore nato da sempre e mai finito, una costante per me e per la mia famiglia. Alla mia età i ricordi sono tanti e sono troppi per poter essere arricchiti da una sola “storia “ che ne sorregga il racconto; sono dei flashes che tornano alla memoria, sono le sensazioni provate nei momenti in cui sono state vissute. Entrando in pieno “Amarcord” di felliniana memoria, a Ustica, per esempio, ho imparato a nuotare. Quando la cala S. Maria era un luogo balneabile, frequentato da famiglie con bambini, con una bella spiaggetta di piccoli ciottoli grigiastri e io la frequentavo con mia madre, ebbi modo di aggrapparmi un piccolo masso coperto dall’acqua vicino alla riva, per tutti “u cicireddu”, aggrappato al quale, poco per volta, imparai a galleggiare e, quindi, a nuotare. Ho ancora negli occhi la vecchia nave “Ustica”, quella del Comandante Cannatella che con qualunque mare in quattro ore di navigazione giungeva sull’isola trasbordando, armi e bagagli, con una barca a remi gremita di passeggeri di ogni età e, se il mare era agitato, livello di nausea. Una vita fa, il giorno di Ferragosto, le famiglie usticesi festeggiavano la ricorrenza con una gita allo Spalmatore e, per l’esattezza, alla Cala Sidoti dove – automobili non ce ne erano – si giungeva a dorso di asini e dove nonne, mamme e zie esibivano sontuose teglie di pasta al forno e di sfincione annaffiate da uno strano ma forte vino dal colore incerto ma molto forte e per noi bambini dalla classica aranciata fatta con la fialetta di essenza colorata e le bustine. Il giovane Tuturi, nel frattempo, riempiva una enorme “cartedda”con i ricci pescati nell’acqua bassa che venivano voracemente consumati con il pane. Il tutto si concludeva nel pomeriggio con il taglio dei “muluna” portati da casa dentro le “vertole” degli asini e raffreddati in mare e con la conseguente, immancabile “arruciata” fatta dal solito buontempone dall’alto del costone sui sottostanti gitanti. Come dimenticare, poi, il suono stridulo e stonato di una cornetta sgangherata con il quale un ragazzo, ogni tardo pomeriggio, dal palchetto sotto la Chiesa, suonava una sorta di ritiro militare per richiamare i confinati all’obbligo di chiusura nei rispettivi “cameroni” per la custodia coatta notturna. (altro…)