L’orizzonte appariva fasciato da una lieve coltre leggera, tenue quanto basta per lasciare intravedere emozioni di ogni tipo, impalpabile al tocco di ogni più remota sensazione.
L’imbarcazione andava incontro a una barriera di luci fragili e opache, inseguendo un confine che non era ancora netto e preciso. La sua scia, come flebile impronta timida e vana, accentuata qualche volta dagli affondi della prua, movimentava lo stato di quiete delle acque, quel giorno particolarmente percettibile.
Il mare sembrava ancora addormentato; solo qualche carezza, appena accennata da un filo d’aria in movimento, faceva rabbrividire l’immenso corpo inciso dal battello. La sua corsa apriva una ferita spumeggiante, subito rimarginata dalla calmeria onnipresente.
Tutte quelle anime vive, avvolte dalla fisicità dei corpi, erano ancora immerse non già in un’acqua che le circondava da ogni lato, piuttosto entro i limiti della propria esistenza, consegnate al nuovo giorno come un’offerta sacrificale per placare un tumulto interiore, ovvero per reclamare una dose di inseguita felicità…
Andrea non inseguiva un sogno, si (altro…)