La riserva marina ne fa d’estate il paradiso dei sub ma d’autunno rivela il suo fascino più nascosto
«Dalla sua cella lui vedeva solo il mare ed una casa bianca in mezzo al blu»: non può non venirti in mente la canzone di Lucio Dalla quando ti trovi nel museo di Ustica a guardare dietro le sbarre di quello che era un carcere: hai davanti l’azzurro del cielo ancora più terso in certi giorni di autunno lucidati dal vento, sotto il blu del mare e a destra una collina con qualche casa. Ustica era chiamata l’Isola dei ribelli, perché prima i borboni, poi i Savoia sovrani d’Italia, quindi Mussolini e anche la neonata repubblica pensarono bene di mandarvi quelli che davano fastidio. Così di qui è passato negli Anni 20 e 30 il fior fiore dell’intelligenza anarchica, socialista e comunista, da Gramsci a Rosselli, da Bordiga a Parri (ma anche intellettuali libici o etiopi). Gramsci appena arrivato propose di creare una scuola di formazione e una sorta di autogestione del confino fu tollerata fino al nuovo giro di vite.
Un viaggio fuori stagione in quest’isola perduta nel Tirreno al largo della Sicilia, il cui nome è tristemente legato a una delle tante stragi ancora impunite del nostro Paese, può iniziare da questo ex carcere diventato museo. Se da non perdere è la discesa nella grotta cella di rigore, il museo è interessante per i reperti e le tracce delle varie civiltà passate per l’isola. Si va dal paleolitico ai fenici, dai Greci ai Romani. I greci la chiamavano Osteodos, «ossario» per via dei mercenari che vi sarebbero morti, i romani le diedero il nome di Ustica che significa bruciato. C’è chi sostiene che questa fosse nell’Odissea l’isola di Circe, dove la maga incantava i naviganti. Per secoli è stata un luogo di «passaggio», la usavano come base i mercanti cartaginesi o i pirati, i benedettini provarono a farci un convento nel VI secolo, ma presto dovettero andarsene. A decidere di popolarla fu a metà del ’700 Ferdinando IV di Borbone e ancora sull’isola svettano le due torri che lui fece costruire: la Torre Santa Maria e la Torre Spalmatore.
La prime cose che colpiscono chi non c’è mai stato e si aspetta quasi un pezzo d’Africa (tipo Pantelleria) sono la ricchezza della vegetazione e le coltivazioni. In primis la lenticchia e poi la melanzana: queste due produzioni sono protagoniste di manifestazioni come, «Anticchia la lenticchia» a giugno e «Sua «Maestà la melanzana» a luglio (le organizza la condotta Slow Food). Ma ci sono anche uliveti e vigneti: all’Agriturismo Hibiscus si dorme tra le viti e ci si sveglia magari con i racconti sulla Torino operaia Anni 70 del fondatore dell’azienda. I prodotti della terra con quelli della pesca (Ustica è famosa tra l’altro per i suoi gamberetti) si gustano nelle trattorie e nei ristoranti dell’isola, da Il Faraglione con vista sul porto, a Schiticchio nel centro storico. Ma gli incanti dell’isola non sono solo «terragni», vale la pena di fare un giro in barca per apprezzarne le grotte che la costellano e soprattutto, scrutare i fondali di quella che è, dal 1986, la prima riserva marina protetta d’Italia. E non a caso oggi Ustica è considerata una vero e proprio paradiso per chi ama le immersioni subacquee.
Fonte: La Stampa
di ROCCO MOLITERNI